Crisi evolutiva bambina 7 anni

CONSULTI PER BAMBINI ADOLESCENTI E FAMIGLIE

Buongiorno,
vi contatto in merito alla mia bambina che ha da poco compiuto 7 anni e frequenta la seconda elementare (a scuola è una bambina diligente, attenta, desiderosa di apprendere e con ottimo rendimento). E’ una secondogenita, ha una sorella di 9 anni e mezzo a cui è legatissima e con cui ha un buonissimo rapporto, sono complici e si supportano a vicenda da sempre.
Allattata al seno fino a 15 mesi, ha da subito mostrato un fortissimo attaccamento a me, mentre ha stabilito un rapporto un po’ meno forte col padre. Non ha frequentato il nido ma è stata seguita dalla nonna materna fino all’ingresso alla scuola dell’infanzia. Qui l’inserimento non è stato particolarmente traumatico, anche se alle volte, nel corso di tutti e tre gli anni di frequentazione, piangiucchiava un pochino al momento del distacco (dal padre, era lui che l’accompagnava). Il primo giorno di scuola elementare ha pianto moltissimo ma, a parte questo episodio iniziale, non ha avuto particolari problemi di inserimento e, come dicevo, frequenta la scuola con entusiasmo e ottimi risultati. Benchè di indole timida e riservata, si rapporta in modo positivo sia con le insegnanti che con i compagni, con cui ha socializzato bene (è però selettiva, e gioca più volentieri con i bambini di indole pacata). E’ un po’ paurosa, soprattutto alla scuola materna si sentiva intimorita da alcune figure adulte (ricordo che non voleva frequentare il corso di teatro perché l’insegnante maschio le faceva paura).

Vengo al problema: l’anno scorso l’ho iscritta ad un corso base di ginnastica artistica, corso che ha frequentato sempre molto volentieri in compagnia della sorella. A giugno sono state entrambe selezionate per dei corsi pre-agonistici più intensivi (diversi, in base alle capacità e all’età di ognuna), ma nella stessa società sportiva. Il corso prevede un impegno molto importante (7 ore settimanali), ma lei è sempre andata volentieri e molto motivata, senza mai reclamare la mia presenza durante l’allenamento (due ore per due pomeriggi a settimana più tre ore al sabato mattina). Di ritorno dalle vacanze di Natale (quindi lo scorso 7 gennaio) ha iniziato a piangere al momento di entrare (le modalità del pianto variano di volta in volta, ma quando è particolarmente in ansia sembra quasi il pianto di una bambina piccola. Inizialmente si rifiutava completamente, mentre ultimamente è come se fosse paralizzata solo al momento di entrare in palestra, poi, dopo una quarantina di minuti (!) si rasserena, trova il coraggio di entrare ed inizia ad allenarsi con motivazione ed entusiasmo (a condizione che io non mi allontani dalla palestra e resti a guardarla). Ho parlato più volte con lei e con le sue allenatrici, apparentemente non è successo nulla di particolare, anche se lei sostiene di aver paura di una delle allenatrici perché l’ha sentita urlare “con le grandi”. Tuttavia, ultimamente (per scelte tecniche) questa insegnante gestisce un altro corso, ma il solo averla intorno sembra mandarla in crisi. Se provo a parlarle di ritiro dal corso però, non vuole assolutamente, dice che le piace moltissimo e che vuole continuare, ma non riesce a capire cosa la blocca e la fa piangere. Non riesce nemmeno a partecipare alle gare, si prepara per andare e durante il tragitto appare molto serena, poi al momento di entrare mi si aggrappa e inizia puntualmente a piangere, rinunciando a partecipare (salvo poi crucciarsene).
Ha avuto crisi di pianto al momento di separarsi da me anche alle sporadiche lezioni di catechismo che ha frequentato e alle feste di compleanno dei suoi compagni, mentre non manifesta praticamente mai particolare disagio al mattino quando saluta il padre all’entrata di scuola.
Ultimamente sembra spaventata all’idea che mi accada qualcosa (dice che ha paura che qualcuno possa farmi del male o che io possa morire in un incidente) e, se mi allontano per qualche ora, al mio ritorno spesso il padre mi dice che ha un po’ pianto, cercandomi e chiedendo di chiamarmi al cellulare se tardo di qualche minuto. La notte dorme serena (anche se fa ancora fatica ad addormentarsi da sola), fino ad un paio di mesi fa a metà notte si svegliava e veniva nel lettone dei genitori (abbracciando me), ultimamente però non succede più.

Cosa potrebbe esserle accaduto? E come possiamo intervenire per aiutarla? Io le parlo moltissimo della situazione (contrariamente al padre, il quale dice che così facendo fomento ulteriormente la sua angoscia…), e non nascondo che dopo due mesi sono un po’ sfinita, anche perché mi fermo sempre io con lei agli allenamenti (due/tre ore consecutive, come dicevo), consolandola/spronandola all’inizio quando piange e poi aspettandola quando si decide ad entrare…

Commenti

Penso che forse il padre abbia ragione, e che "parlarne troppo" sia controproducente. E' chiaramente qualcosa che riguarda il rapporto madre-figlia, ma non solo: riguarda ovviamente anche le altre figure della famiglia, padre e sorella. Nel tempo la situazione che via via si è creata non dà sicurezza alla bimba per procedere nel suo sviluppo, come ci fossero catene invisibili che appesantiscono molto, come anche la mamma sente, nella fatica che le costa. Gli elementi che mi dà nelle notizie non mi sono sufficienti per fare ipotesi ulteriori.
Se volete si può cercare di approfondire un po' qui, se emergono altri elementi delle relazioni e delle dinamiche familiari, magari coinvolgendo anche padre e figlie. Farei però qualche modifica nelle vostre abitudini che forse, anche se non si vede bene, possono contribuire a mantenere il circolo vizioso. Fare qualche cambiamento nella routine forse farà emergere altri aspetti.
Cambierei intanto se possibile compiti e funzioni dei genitori, lasciando che sia il padre a seguirla nella ginnastica e alternando l'accompagnamento a scuola fra madre e padre (che accompagnano anche l'altra figlia? come reagisce questa al fatto che la sorella quasi monopolizza la madre? se capisco bene) e lasciando che sia lei a decidere se vuole continuare ginnastica o fare altre cose.

Gentile Dottore,
La ringrazio molto del rapido riscontro, le sue osservazioni sono senz’altro motivo di riflessione.
Purtroppo lo scambio di compiti è poco attuabile, mio marito ha orari più elastici al mattino e riesce ad accompagnare entrambe le bambine a scuola (frequentano lo stesso istituto), mentre io rientro prima dal lavoro al pomeriggio, e posso quindi gestire le loro attività extra-scolastiche (all’uscita di scuola però le ritira la nonna materna, alla quale sono molto legate). Le dirò che comunque, qualche settimana fa, avevamo anche pensato di provare a farla andare a ginnastica col padre, per capire come si sarebbe comportata al momento di separarsi dall’altra figura di riferimento, e l’avevamo preventivamente informata (il giorno prima); lì per lì non aveva detto nulla, ma il mattino successivo, al risveglio, era agitatissima all’idea (forse perché sa che il padre si lascia suggestionare meno dal suo pianto e temeva che l’avrebbe “forzata” ad entrare), e piangeva talmente forte da non essere nemmeno in grado di recarsi a scuola (unico giorno in cui ha saltato le lezioni in questi due mesi di crisi, per il resto è sempre andata molto serenamente): a quel punto non ci abbiamo nemmeno più provato.
Devo dire che il padre è molto presente a livello fisico (passiamo quasi sempre il tempo libero tutti insieme), ma tende a delegare a me quasi tutte le responsabilità genitoriali (sono io che decido per loro e che le seguo in tutte loro cose: vado ai colloqui con le maestre, le accompagno io alle visite, alle feste di compleanno, le seguo io nei compiti...), intervenendo solo su mia esplicita richiesta (“puoi aiutarle a fare il bagno?”, “puoi controllare che abbiano studiato”?), un po’ perché io sono “accentratrice” per ciò che riguarda le bambine, un po’ perché anche a lui probabilmente sta bene così, e nel tempo si è adagiato. Questo però è spesso motivo di conflitto tra di noi (io mi lamento della stanchezza, lui del fatto che il suo parere non viene mai preso in considerazione, e che alla fine per le bambine si fa sempre quello che dico io).
La sorella maggiore non ha mai mostrato particolare gelosia, e si è sempre abbastanza adattata al fatto che la piccola di casa reclamasse molto la presenza della mamma, alle volte facendole anche da spalla in mia assenza, se necessario. Peraltro, credo di essere molto presente anche con lei, ma devo riconoscere che, quando entrambe hanno bisogno, chiedo quasi sempre alla grande che sia lei a pazientare. Ultimamente sta avendo dei mal di pancia frequenti, e credo siano dovuti alla tensione che si sta creando in famiglia per la situazione della piccola.
Come le dicevo, siamo tutti un po’ logorati: tra l’altro, la decisione di perseverare con la ginnastica nasce da una esplicita richiesta della bambina che, pur piangendo prima di entrare, mi supplica di non ritirarla dal corso, insiste nel dire che le piace moltissimo e proprio non capisce il perché di questa angoscia.
Sottolineo un’ultima cosa: di fronte al suo pianto “da panico” io tendo un po’ ad “impressionarmi”, e temo che adesso lo utilizzi come una sorta di arma di ricatto per non farmi allontanare. Ad esempio, l’ultima volta che è andata a lezione di catechismo (il corso è appena iniziato e al momento vi ha partecipato due sole volte) ha pianto così tanto al momento di salutarmi, che sono stata mio malgrado costretta (anche su richiesta delle stesse catechiste) a fermarmi per tutta la durata dell’incontro (unico genitore presente).
La ringrazio nuovamente per la sua disponibilità e dei consigli che vorrà darmi e mi faccia pure sapere se ha bisogno di ulteriori chiarimenti.

"...tensione che si sta creando in famiglia per la situazione della piccola".
Invertirei il discorso. Cioè la situazione familiare sta andando incontro a una tensione crescente che si manifesta nella piccola in quel modo, nella grande in un altro e anche in voi genitori. Il comportamento della piccola quindi è un segnale di allarme che c'è qualcosa di disfunzionante nella vostra organizzazione familiare che disturba progressivamente tutti i membri. Ciò indica che la vostra gestione, con lo squilibrio cui accenna nei ruoli fra i genitori, a questo punto non è più adeguata e richiede dei cambiamenti.
Le è venuto il dubbio che la piccola tenda un po' a manipolarvi usando le sue crisi come modo di controllare la situazione. Penso che sia una percezione importante. Sta succedendo che la piccola sta condizionando tutta la famiglia avendo quasi preso il comando della 'barca', per così dire. Senza accorgervene glielo avete permesso, ma ovviamente è pericoloso perchè in realtà la bimba non sa 'guidare' e rischia di portarvi tutti sugli scogli. Cercate quindi di riprendere voi il timone e di aiutarvi fra voi genitori a guidare.
Probabilmente sarà necessario anche cercare un terapeuta della famiglia che possa aiutarvi a mettere a fuoco gli aspetti disfunzionali e modificarli. Ma intanto cercate di riprendere in mano la guida della situazione e non lasciarla ancora in mano alla piccola.

Gentile Dottore,
la ringrazio nuovamente molto del consulto e della disponibilità.
In effetti concordo sul fatto che possa essersi rotto un equilibrio familiare e che, a questo punto, sia necessaria una rivisitazione dell’organizzazione e dei ruoli: direi che io sono molto accondiscendente con le bambine, mentre mio marito tende a rapportarsi a loro in maniera leggermente più autoritaria, ma di fatto fino ad adesso il tutto sembrava funzionare, perché non abbiamo mai avuto particolari problemi con loro, non sono mai state bambine particolarmente agitate, oppositive e/o capricciose. Seguiremo senz’altro il suo suggerimento di contattare un terapeuta ma, per l’immediato, le chiederei un ultimo consiglio pratico: come devo comportarmi di fronte a queste crisi di pianto al momento del distacco? Perché passo dall’essere consolatoria/empatica, all’essere minacciosa, e non capisco cosa possa risultarle più utile, sono davvero molto disorientata. Ad esempio, a breve ci sarà il nuovo incontro di catechismo, e magari potrebbe accompagnarla il padre. Però sono certa che lei si opporrà utilizzando il solito pianto angosciato (negli episodi più “drammatici” è arrivata quasi a vomitare, come fanno i bambini piccoli), e in quei momenti le confesso che facciamo davvero fatica a gestire la situazione, visto che sembra placarsi solo quando capisce che le rimarrò accanto per tutto l’evento sociale a cui deve partecipare…

Grazie ancora del prezioso aiuto, in questo momento sono veramente molto angosciata...

Sembra che la bimba non voglia perdere il controllo della mamma sia a casa (è preoccupata quando è fuori) sia in occasioni esterne tranne che a scuola, dove per ora non si manifesta il problema. Forse perchè accompagnata dal padre per abitudine.
Certi bambini mostrano anche a scuola difficoltà di distacco simili fino alla necessità per un genitore di restare in classe per permettere la frequenza. In questi casi si parla di 'fobia scolare', o 'rifiuto della scuola', e si trovano squilibri familiari e spesso timori per la salute dei genitori, più o meno manifesti e fondati. Un passo avanti c'è quando i bimbi accettano che resti con loro in classe o subito accanto un 'delegato' dei genitori, per così dire. Sono comunque situazioni abbastanza difficili da sciogliere: bisogna affrontarle con pazienza e resistenza e senza atti di forza.
Vi direi di provare a chiarir le cose e gli obiettivi: ad esempio l'obiettivo non è che la bimba vada a ginnastica o a catechismo (al limite lo farà più avanti), ma che la situazione diventi più facile per tutti, e che diminuisca l'ansia che circola in famiglia. Non è l'ultima spiaggia, non ci sono treni che partono e non si possono riprendere. Anche nel caso della scuola: l'obiettivo non è andare a scuola, ma sciogliere gli interessati dal blocco che condiziona tutto e tutti.
Visto che la mamma sta perdendo le forze, progressivamente, si può provare a dire alla bimba che non potrà essere sempre lei ad accompagnarla e restare presente. Realisticamente se la bimba tira troppo la corda, questa si spezzerà. Cioè la mamma finirà ricoverata! ( scherzo, ma non troppo)
Si può vedere se accetta che a volte lo faccia altri, il padre, altri parenti, anche a turno. Altrimenti la mamma non potrà farlo sempre.
Se cercherete un aiuto psicologico familiare, chiarite che non è per avere indicazioni sul da farsi, che nessuno può sapere per i singoli casi, ma per esplorare la situazione e cercare insieme le vie d'uscita. Consiglierei un approccio che veda insieme tutta la famiglia, specie all'inizio.

La ringrazio infinitamente del supporto, proveremo senz’altro un percorso di terapia familiare, sperando possa risolversi in breve tempo. Grazie ancora.

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AVVISO IMPORTANTE: i consulti on/line hanno solo valore di consigli e non intendono sostituire in alcun modo la visita medica o psicologica diretta.