Dove va la ricerca sull’autismo?

CONSULTI PER BAMBINI ADOLESCENTI E FAMIGLIE

Commento sugli ultimi articoli letti sull’autismo.
( Manzini, A e al. Ethical dimensions of translational* developmental neuroscience research in autism Journal of Child Psychology and Psychiatry Volume 62, Issue 11 p. 1363-1373 Open Access; agosto 2021
Grzadzinski et al. Pre-symptomatic intervention for autism spectrum disorder J Neurodevelop Disord (2021) 13:49 https://doi.org/10.1186/s11689-021-09393-y ? ottobre 2021
* translate basic science discoveries more quickly and efficiently into practice.)

(Work in progress)
Siamo colpiti dalla rapida precipitazione di eventi nella ricerca sull’autismo: se non è una mia percezione personale, si susseguono articoli sulle riviste scientifiche (per di più open access, disponibili online a chiunque) e prese di posizione con un ritmo prima mai visto. C’è un senso, negli autori, di essere di fronte a cambiamenti epocali, eccezionali per un verso, ma pericolosi per un altro, di fronte a cui sono come incerti. Come l’impressione di essere di fronte a scoperte rivelatrici i cui effetti però potrebbero essere incontrollabili. Che percepiscano il crollo della cattedrale dell'autismo, priva di fondamenta valide?
L’eccitazione di essere vicini alla Scoperta, alla Verità ( dell’autismo, sempre) sembra prendere loro la mano facendo ipotizzare interventi ‘preventivi’ nel primo anno di vita sui bambini identificati come a rischio.
La ricerca sembra incartarsi, quasi una maionese impazzita, nei rischi di far esplodere contraddizioni incontenibili all’interno della ‘comunità dell’autismo’ e di precipitare come un novello Icaro trascinato dalla presunzione di onnipotenza e onniscienza.
Impressione è di delirio di onnipotenza e disturbo narcisistico, alla dr frankenstein e dr Stranamore, per intenderci, della ricerca sugli interventi precoci nell’autismo, addirittura sugli interventi prima della diagnosi, sul semplice rischio identificato essenzialmente dall' avere un fratello con diagnosi di ‘autismo’ e da ‘futuri’ biomarkers di là da venire, come esami tipo RMN e dati assemblati da ‘machine learning’…
Però fra le righe e nelle righe si possono leggere cose interessanti, che riportano in auge aspetti finora demonizzati ed evitati come la peste. Come l’influenza dell’ambiente sullo sviluppo ( sempre limitato ai soggetti autistici, per carità, ma tanto fra un po' saranno la maggioranza, in quanto variazione forse funzionale all'adattamento futuro, ohibò, povero Darwin!), cioè si riparla della possibile influenza dei genitori, su cui quindi si concentrano gli interventi di parent training, ma anche si avverte il rischio di dare ‘colpe’ che evocano esplicitamente i famigerati precedenti tipo madre frigorifero di Bettelheim.
Forse davvero basterebbe sedersi sulla riva del fiume e aspettare di vedere passare il cadavere della ricerca attuale sull'autismo...
Visto dall’esterno sembra un mondo in preda a un crescente delirio di onnipotenza, quasi come nella Belle Epoque, e le conseguenze come allora possono ricadere su masse di persone innocenti e inconsapevoli, come la prima guerra mondiale seguì alla follia dell’evoluzione ‘traslazionale’ del positivismo. E ora siamo in epoca di neopositivismo. Che abbia ragione Vico, con i suoi corsi e ricorsi storici?

Anche il dr Ami Klin, director of the Marcus Autism Center in Atlanta, Georgia, in precedenza (2020) aveva richiamata l'attenzione sulla necessità di cambiare la definizione di 'autismo', per permettere alla ricerca di uscire dall'impasse (vedi intervista). La sua proposta nasce dall'osservazione che dalla nascita fino a due, tre anni avvengono una quantità di esperienze fondamentali per sviluppo del bambino, e che quando un bambino viene diagnosticato come autistico, ha già perduto una quantità di quelle esperienze. Ma se, con gli strumenti di oggi, fosse diagnosticato fin dai primi mesi, un intervento attento potrebbe prevenire la perdita di quelle esperienze e quindi la mancanza degli strumenti forgiati da quelle. Per cui diagnosi ancor più precoci e interventi fin dalla nascita.
Direi che alla scoperta dell'acqua calda ( che fra 0 e 3 anni avvengono esperienze fondamentali, Montessori lo diceva 120 anni fa...) si aggiungono i paraocchi di voler limitare la scoperta ai soli bambini 'autistici', che ovviamente devono esser tali per aspetti neurobiologici genetici. Non si può buttar via il dogma che autistici si nasce, non si diventa...
Però anche qui stanno scoprendo che è importante badare alle esperienze che fa il bambino fin dai primissimi tempi nel suo ambiente di vita. E questo fa ben sperare. Forse il riferimento all'autismo è una specie di giaculatoria propiziatoria e difensiva, come quando nel 5 - 600 gli scienziati (Galileo, Copernico, ecc) scoprivano che il mondo era diverso da come descritto nella Bibbia, ma dovevano mimetizzarlo e comunque genuflettersi all'autorità religiosa. E oggi la 'comunità dell'autismo' sembra rispettata e temuta peggio che la Chiesa del 600...

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