'La Bolla dell'Autismo' Capitolo 1 Di che si tratta?

CONSULTI PER BAMBINI ADOLESCENTI E FAMIGLIE

Da La Bolla dell'Autismo, G Benedetti, aprile 2020.

Capitolo 1

Di che si tratta?

La situazione attuale è questa: moltissimi genitori con bambini piccoli stanno facendo in questo periodo l'esperienza drammatica di vedere il proprio figlio gettato, per motivi spesso banali, nel tunnel degli accertamenti per l'autismo. L'espressione è usata da molti genitori che hanno fatto questa esperienza.

Così se a 18 mesi il loro bambino non parla ancora, se è un po' indietro rispetto ai coetanei nello sviluppo, se a una visita dal pediatra non collabora abbastanza, ecco che scatta il dubbio “potrebbe essere autistico”. Ma l’ansia e l’allarme cominciano a diffondersi anche prima che il bambino compia un anno: sempre più mamme in ansia temono di riconoscere sintomi di autismo nei figli di pochi mesi andando nel panico e riempiendo di ansia il loro rapporto con il bimbo che cominciano a bombardare di prove e test. Col rischio di disturbare in realtà la sua evoluzione.

Possono essere i genitori stessi a ricorrere al pediatra per i dubbi alimentati dalla lettura delle pagine di internet che elencano i sintomi e i segni dell'autismo, o il pediatra stesso alla visita programmata dei 18 mesi che riscontra qualche aspetto 'sospetto' nel bambino, “un campanello d'allarme”, si dice, ed ecco che il bambino è inviato da uno specialista o direttamente a un centro per l'autismo. Un po' come se ogni bimbo al primo colpo di tosse venisse sospettato di avere tubercolosi, polmoniti e quant'altro e venisse ricoverato per fare accertamenti invasivi e disturbanti.

Si è in realtà creata una vera e propria psicosi sia fra i genitori che fra i pediatri e gli operatori sanitari e scolastici, per non parlare di parenti, amici e vicini di casa, che vedono sintomi di autismo in tantissimi bambini e spingono così un numero sempre maggiore di famiglie ad accedere ai servizi diagnostici per l'autismo, spuntati negli ultimi anni come funghi sia nel pubblico che nel privato.

La famiglia inizia quindi l'iter specialistico. Il primo specialista consultato di solito è un neuropsichiatra infantile, che vede il bambino per un tempo solitamente abbastanza breve, conferma i possibili sospetti e indirizza quasi inevitabilmente per gli approfondimenti ai centri per la diagnosi specifica dell'autismo. D’altronde le linee guida dicono così.

Qui il bambino e i genitori vengono sottoposti a colloqui e osservazioni per raccogliere dati sul comportamento del bambino a casa e durante la visita, sulle sue capacità, ecc. Il bambino viene valutato spesso, specie se il Centro è piuttosto grande e famoso, da operatori diversi (psicomotricista, logopedista, pedagogista, analista comportamentale, ecc.) in tempi più o meno lunghi (molti mesi nel pubblico, intasato ovviamente dalla pletora dei casi, meno nel privato). I dati raccolti vengono inseriti nelle tabelle previste dai test comportamentali che vanno per la maggiore (ADOS, ADI, CHAT, ecc.), con i voti che misurano le prestazioni dei bambini, le loro capacità e i loro comportamenti, attribuiti dai testisti sulla base delle osservazioni durante le sedute o delle risposte dei genitori, e la somma di questi voti stabilisce un punteggio in base al quale il bambino è messo in scatole differenti.
Infine è un algoritmo, viene detto, forse per rendere asettico il clima, che valuta i dati raccolti e i punteggi e stabilisce la diagnosi di tutti i bambini. Viene redatta quindi e consegnata alla famiglia una relazione, più o meno lunga, con tutti i dati raccolti, le tabelle, i punteggi, le spiegazioni e le istruzioni per l'uso, e alla fine la diagnosi per così dire algebrica con i riferimenti numerici alle classificazioni in voga.

La famiglia torna a questo punto dal neuropsichiatra che aveva iniziato l'iter e questi, scorrendo rapidamente i fogli con i punteggi e i calcoli effettuati, promulga la diagnosi fatidica.

Solitamente è una diagnosi senza appello. Che il responso sia di Spettro autistico lieve, medio o grave, o in rari casi di posizione borderline, cioè di rischio di rientrare nello spettro, viene comunicato che senza ombra di dubbio o margine di errore il bambino è affetto da un Disturbo dello Spettro Autistico, che è un Disturbo di natura sicuramente genetica, che è inguaribile, (dicono) ma per il quale è necessario fare precocemente e massicciamente interventi educativi che possono ridurre le sue disabilità e fargli imparare delle capacità, di relazione, di comunicazione, che altrimenti non imparerebbe mai.

E così comincia, subito se si ricorre al privato, dopo mesi o anni se si resta nel pubblico, l'iter praticamente identico per tutti – tanto si tratta dello stesso Disturbo! - indipendentemente dal livello di gravità, spesso consigliato anche ai bambini miracolosamente “fuori dallo spettro”, fatto di sedute di psicomotricità e logopedia e terapia comportamentale, una triade che odora di santità. Queste ‘terapie’ occupano molte ore alla settimana, talvolta in posti diversi e lontani, e spesso sconvolgono la vita familiare e rendono difficile la frequenza del nido o della scuola materna.

Di questi bambini qualcuno nonostante tutto migliora e prosegue il suo sviluppo – non c'è modo di sapere se per effetto degli interventi o semplicemente della maturazione del bambino; qualcuno resta invariato e qualcuno peggiora e va incontro a crisi ulteriori. Le statistiche sulle evoluzioni dei casi sono quanto mai scarse e inaffidabili, specie se prodotte dai centri e dalle scuole che promuovono sé stesse.
Già in epoca non sospetta, nei primi decenni dalla comparsa della sindrome autistica, era comune l'esperienza che una parte dei bambini autistici guariva o migliorava indipendentemente dai trattamenti o meno, per diventare capaci di vita autonoma e indipendente, una parte manteneva difficoltà lievi o medie e una parte restava a livello di grave handicap mentale.
Vale la pena di percorrere un po' l'evoluzione storica della questione.

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AVVISO IMPORTANTE: i consulti on/line hanno solo valore di consigli e non intendono sostituire in alcun modo la visita medica o psicologica diretta.