'La Bolla dell'Autismo' Capitolo 2 Storia recente

CONSULTI PER BAMBINI ADOLESCENTI E FAMIGLIE

Da La Bolla dell'Autismo, G Benedetti, aprile 2020.

Capitolo 2

Excursus storico recente

Raccolgo qui di seguito alcuni spunti che riflettono un cambiamento nel mio modo di considerare il campo dei fenomeni finora raccolti sotto la denominazione di autismo, di cui mi sono occupato fin dall'inizio della mia esperienza lavorativa.

Ricordo che era il 1973 quando da specializzando al primo anno nel reparto di NPI di Careggi, Firenze, incontravo il primo bambino di circa dieci anni con questa diagnosi: privo di linguaggio, privo di comunicazione e di apprendimento simbolico, con un comportamento che rivelava però una certa intelligenza che usava per procurarsi quello di cui aveva bisogno e per mantenere sotto il suo controllo quello che succedeva nelle immediate vicinanze intorno a lui. Ho incontrato e mi sono poi occupato professionalmente a lungo di altri bambini e bambine 'autistiche' e di famiglie con bambini con autismo al loro interno, cercando di aiutare lo sviluppo di quei bambini e di quelle famiglie.

Il mondo della psichiatria affrontava in quegli anni grandi cambiamenti, alcuni politico-istituzionali che portavano alla riforma sanitaria e alla chiusura dei manicomi, nel 1978, (nonché alla chiusura delle scuole speciali e all'inserimento nelle scuole normali dei bambini con handicap), altri metodologici e tassonomici che arrivavano in Italia con un decennio di ritardo, all'insegna di una metodologia più attenta ai fenomeni osservabili e meno alle ipotesi patogenetiche. Uno di questi cambiamenti, per la psichiatria infantile, fu la voce diagnostica di 'disturbi pervasivi dello sviluppo', arrivata nei primi anni '80 insieme al DSM 3 (la classificazione americana, prima poco seguita in Europa), che raccoglieva la classica sindrome autistica più alcuni quadri clinici simili ma con caratteristiche diverse, mal inquadrabili, “non altrimenti classificabili”.

Mi aveva colpito favorevolmente questa denominazione perché metteva l'accento invece che sulla 'malattia' ('psicosi') sullo 'sviluppo', che era disturbato globalmente in quei casi, mentre altri bambini erano disturbati in settori più limitati della persona, il linguaggio, l'apprendimento, ecc. Considerare le cose sotto il profilo dello sviluppo, invece che delle malattie - considerate oltretutto spesso sotto l'ottica delle malattie degli adulti, come a lungo è successo nel campo infantile, vedi la 'schizofrenia', le 'psicosi', ecc. - mi sembrava potesse aiutare a vederci più chiaro, in una situazione che continuava a sfuggire ad ogni tentativo di reale comprensione.

Inizialmente anche il concetto di uno 'spettro' - in senso fisico, come lo spettro dei colori che si susseguono nell'arcobaleno e nella rifrazione di un raggio di luce bianca attraverso un prisma di vetro- sembrava utile per accostare dei fenomeni disparati che sembrano però accomunati da qualcosa, come in un continuum.
Il campo di osservazione era quello dello sviluppo psichico e delle alterazioni che poteva subire, dando luogo a sindromi simili e diverse al contempo. Avevo tentato io stesso con altri colleghi di dare conto di tali somiglianze e diversità a partire dall'indagine nella terapia psicoanalitica di bambini con autismo sullo stato mentale autistico e gli altri stati mentali osservabili in seduta, secondo il modello meltzeriano e della Tavistock Clinic (riguardo ai quali i detrattori della psicoanalisi non hanno in genere la minima idea, poiché considerano di solito solo le classiche impostazioni di Freud dei primi decenni del XX secolo).

Ma le terapie individuali dei bambini con autismo erano sempre meno applicabili, sia per le fatiche dell'età (per me) che per la fase di ripiegamento della psicoanalisi sotto l'occupazione militare delle truppe cognitivo comportamentali. Mi convinceva inoltre sempre più l'ottica focalizzata su tutto l'ambiente, che già era presente nell'idea di costituire un ambiente terapeutico totale, casa, scuola, centri di terapia - nell'impostazione del centro AIABA di cui mi ero occupato per alcuni anni - e che avevo tentato poi di impostare nel lavoro periferico, sul 'territorio' come si diceva e forse si dice tuttora, all'ASL di Firenze.

Dagli anni 90 in poi anche in Italia il campo dell'autismo e dello sviluppo infantile veniva sempre più invaso da metodi diagnostici e terapeutici neopositivisti, basati su tabelle e misurazioni fatte con i test e le liste di sintomi, con una visione meccanico-biologica che escludeva dalla sua ottica la persona, le esperienze e le relazioni. La provenienza era dal mondo americano, specialmente, ma anche l'Inghilterra comportamentista ha dato il suo contributo ad esempio con il test ADOS di M. Rutter e C., che si è diffuso come la gramigna, fino a costituire il metodo diagnostico per antonomasia nella diagnosi dell'autismo. C'è da dire però a difesa dei primi estensori, che la sua applicazione è stata gravemente travisata, andando al di là delle loro intenzioni, per diventare quasi uno strumento magico onnipotente dato in mano ad operatori per il resto privi di un’esperienza clinica più ampia. Un'arma pericolosa in mano a persone inconsapevoli e spesso fanatiche.

Questi nuovi approcci sembravano fare tabula rasa di ogni esperienza precedente. Veniva imposto ovunque - è successo infatti quasi in tutto il mondo, anche grazie a lobby che in Italia sono arrivate fino al parlamento a indurre leggi specifiche per l'autismo, altrove fino all'ONU e all'Organizzazione Mondiale della Sanità - una visione meccanica e dogmatica dello sviluppo, delle caratteristiche della persona e delle sue capacità psicologiche.

Anche il rapporto con i pazienti e le famiglie veniva trasformato in qualcosa di meccanico e asettico, privo della capacità di affrontare le difficili implicazioni psicologiche connesse a una diagnosi di autismo.

L'effetto è stato una trasformazione dell'ottica centrata sullo sviluppo in un'ottica invece centrata di nuovo sulla malattia. La pretesa era ed è quella di stabilire dogmaticamente, senza le necessarie prove scientifiche, la natura neurobiologica dell'autismo e dello 'spettro autistico', come una sindrome comportamentale causata appunto da specifiche anomalie biologiche di natura genetica. Come un mantra viene ripetuto in ogni dove che la ricerca genetica e biochimica è sul punto di scoprire o di essere sempre più vicina a svelare definitivamente le cause dell'autismo. Cosa finora non avvenuta, a quanto sembra.

Circola dunque ormai per l'Europa e per il mondo uno spettro, lo 'Spettro autistico' - sempre più esteso a comprendere ormai quasi ogni disturbo anche minimo dello sviluppo neuropsichico, provocando un aumento epidemico dei casi diagnosticati: fino a 1 ogni 38 bambini, nelle pretese statistiche più recenti! L'idea di una anomalia neurobiologica sottostante alle caratteristiche e ai disturbi delle condizioni raccolte nello 'spettro' determinava la credenza in malattie preesistenti la comparsa dei sintomi e che dovevano essere cercate fin dai primi dubbi, o addirittura fin da prima che si manifestassero, estendendo gli screening ai 'casi asintomatici' e anche agli adulti possibili portatori sani o casi 'sotto soglia', secondo una nota Scuola locale.

Ogni bambino con minimi ritardi e difficoltà - anzi ogni bambino anche sano - può così essere autistico e deve essere testato. Al contempo, fiutando il business, stanno moltiplicandosi sul mercato i centri e le organizzazioni che propagandano 'diagnosi tempestive e trattamenti immediati', di natura rigorosamente cognitivo-comportamentale, ovviamente, almeno nell'attesa del farmaco miracoloso che tutti aspettano. Anche se “il Disturbo” viene detto 'inguaribile', viene propugnata l'idea che più precoce sono la diagnosi e l'intervento, più esteso è il recupero di capacità e minore la disabilità…

Quasi come nelle epidemie di peste o colera dei secoli passati si diffonde il panico e insieme il ricorso delle famiglie malcapitate a chiunque sul mercato venda mercanzie pubblicizzate come terapie dell'autismo, di tutto, di più.

Questa mi sembra la situazione di questi anni recenti. La mia attività si era rivolta progressivamente, nel mio ambito, a contrastare questa abnorme estensione di diagnosi di autismo, nella nuova denominazione di Spettro Autistico, che devastava la vita delle famiglie che incontravo. Consideravo, come altri miei colleghi, che questi fossero gravi errori diagnostici, frutto di errori metodologici e di una formazione specialistica influenzata da cattivi maestri.

Poi mi è capitato di leggere il libro della dr.ssa Lynn Waterhouse, di cui si parlerà in un prossimo capitolo e qualcosa mi ha colpito, facendo per così dire precipitare una reazione mentale i cui componenti erano presenti da tempo, mancava solo qualcosa che li mettesse in collegamento. Se questa nuova idea si rivelerà pregna di potenziali sviluppi o scomparirà senza lasciare traccia si vedrà nel tempo. Il risultato, forse l'inizio di un possibile cambiamento, potete leggerlo nelle pagine seguenti.

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AVVISO IMPORTANTE: i consulti on/line hanno solo valore di consigli e non intendono sostituire in alcun modo la visita medica o psicologica diretta.