Che fare nelle difficoltà di sviluppo?

CONSULTI PER BAMBINI ADOLESCENTI E FAMIGLIE

Che fare nelle difficoltà di sviluppo?

Dopo aver criticato ormai da vario tempo l'uso attuale delle categorie diagnostiche di autismo e spettro autistico con le conseguenti e stereotipate indicazioni di psicomotricità/logopedia/terapia psico-educativa ( rivolta sempre al bambino individualmente) che oggi vengono date indistintamente, occorre rispondere alla seguente domanda. Che fare quando si constata in un bambino una alterazione dello sviluppo, del linguaggio, dell'interazione, dell'interesse e uso degli oggetti che si unisce a un ritardo più o meno evidente e a difficoltà di comportamento varie?

A parer mio al primo contatto con a famiglia va iniziata una fase di osservazione conoscitiva del bambino insieme alla sua famiglia che miri a mettere a fuoco tutti gli aspetti della situazione, sia le eventuali anomalie fisiche del bambino ( con gli abituali esami medici, eeg, risonanza, esami metabolici, ormonali, genetici, capacità uditive – oltre a una valutazione neuro-motoria), che le caratteristiche del suo comportamento in famiglia e con gli estranei e modalità interattive e di comunicazione, accudimento e gestione quotidiana da parte dei familiari. Indispensabile anche una attenta anamnesi non solo medica, ma che contempli le esperienze che bambino e famiglia hanno vissuto. Questa fase, ambulatoriale abbastanza intensiva se possibile, o con brevi ricoveri se necessario per la distanza, dovrebbe poter giungere a individuare eventuali alterazioni mediche o eventuali modalità non ottimali di accudimento per avviare una successiva fase di modifica di queste modalità e proposta di esperienze utili allo sviluppo psicomotorio.
In queste prime fasi non dovrebbe esserci una ricerca spasmodica della diagnosi, se non emergono elementi specifici di anomalie cerebrali o generali dagli esami medici, ma posta una diagnosi di attesa ( che può essere anche 'Difficoltà di Sviluppo da Approfondire'- guarda caso DSA ma con diverso significato!), sul tipo di quella di ESSENCE proposta in Svezia da C Gillberg ormai quasi dieci anni fa.

Dopo questa fase conoscitiva ( che non dovrebbe essere frammentata fra specialisti diversi come usa oggi per la politica della multidisciplinarietà, spesso deleteria per la conduzione del caso...) dovrebbe iniziare una fase di accompagnamento e guida dello sviluppo , rivolta per i bambini piccoli alla famiglia nel complesso, di durata di almeno sei mesi-un anno, per valutare l'evoluzione del bambino. Alla fine di questo periodo dovrebbe essere fatto il punto sulla situazione e sulle prospettive e dovrebbero essere date ulteriori indicazioni se necessario.
Tranne casi particolari solo dopo alcuni anni potrebbe essere proposta una diagnosi, per i casi in cui certe anomalie si rivelano fisse e poco modificate nel tempo.

Non è secondario per tutto ciò anche rispondere a un'altra domanda. Con quali modalità va fatta la valutazione iniziale e poi l'intervento nella fase successiva?
Attualmente per la fase 'diagnostica' domina l'uso dei test, tipo ADOS e altri, che sono diventati lo strumento diagnostico principale, anche contro le intenzioni dei loro creatori e propugnatori, che sembra non ne prevedevano un uso così fideistico ed acritico come è invece successo. Come si svolge oggi il processo della diagnosi? Al primo contatto generalmente dopo una breve e spesso distratta osservazione iniziale di un npi, il bambino e i genitori vengono inviati ad altri operatori addestrati all'esecuzione dei test che in breve producono la formula diagnostica che poi il primo npi 'restituisce' alla famiglia, di solito con una prognosi infausta per una 'guarigione' ( detta “uscita dalla diagnosi”), esclusa per definizione. Anche l'intervento che ne segue, comunque denominato, ha le caratteristiche di un intervento meccanico, settoriale, volto ad ottenere determinate risposte dal bambino, seguendo uno schema generale indistinto valido per tutti i bambini, secondo progetti volti ad raggiungere determinati 'obiettivi' entro determinati tempi.

Visto che abbiamo criticato ampiamente queste modalità, meccaniche e impersonali, che non riconoscono le caratteristiche individuali dello specifico bambino e specialmente le sue prerogative di persona, e non di esecutore o animale da ammaestrare, occorre proporre delle modalità alternative.
Occorre rovesciare le modalità invalse oggi. Invece che partire dalla 'diagnosi' per dare le indicazioni suddette uguali per tutti, occorrerà partire dalla situazione individuale del bambino e della sua famiglia per intervenire sugli aspetti critici eventualmente messi a fuoco, medici, psicologici o ambientali. Occorrerà inoltre stare bene attenti agli effetti che le proposte degli operatori hanno sulle famiglie, a non alterare i loro equilibri se non dopo una discussione consapevole e a sostenere i genitori nelle loro reazioni psicologiche alle difficoltà e agli interventi in atto. I genitori sono infatti quasi sempre parti fondamentali nel 'recupero' del loro bambino.
E' importante sottolineare che l'obiettivo dell'intervento non è l'acquisizione di determinate capacità entro certi tempi, ma quello di facilitare l'evoluzione della personalità del bambino in tutti i suoi aspetti. Il bambino va visto non come una serie di abilità e prestazioni staccate, parziali, ma come una persona in toto, nelle sue caratteristiche globali di essere umano.
Ovviamente tutto questo potrà avvenire su scala allargata se viene accettata la proposta di moratoria della diagnosi di spettro autistico per i bambini con difficoltà di sviluppo e se vengono modificate le linee guida attualmente in vigore in Italia e la conseguente organizzazione dei Servizi Sanitari , per un congruo periodo di ripensamento di tutta la questione delle alterazioni di sviluppo dei bambini piccoli, come richiesto dalla mia petizione.

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AVVISO IMPORTANTE: i consulti on/line hanno solo valore di consigli e non intendono sostituire in alcun modo la visita medica o psicologica diretta.