Lettera al Prof. Zappella

CONSULTI PER BAMBINI ADOLESCENTI E FAMIGLIE

Malattie e sviluppo

Il Professor Zappella - che ho sempre stimato fin dai tempi del 'Pesce Bambino' per il suo impegno con i bambini, fuori dai giochi di potere - da tempo e a vari livelli (fra gli ultimi in sede di audizione alla commissione sanità del Parlamento) sta criticando la deriva attuale del campo dell'autismo, per l'esplosione di dati epidemiologici inaffidabili e il moltiplicarsi di interessi e conflitti di interesse. La sua critica individua alcuni fattori nel cambiamento che ha portato alla situazione odierna a partire dagli anni '80 fino ad oggi.
Questi secondo lui sono essenzialmente il mutamento del 'paradigma' scientifico dell'autismo, da condizione ritenuta legata a fattori psicosociali, a condizione ritenuta prevalentemente genetica e lo spostamento dell'attenzione dall'isolamento e dall'evitamento del contatto umano a ipotetiche particolarità di funzionamento cognitivo rilevate a determinati test applicati a soggetti che forse non sarebbero rientrati nella diagnosi a quel tempo, che indicava bambini e persone con gravi handicap, impossibili anche da sottoporre a test simili.
Si aggiungono a ciò l'ampiamento dei criteri diagnostici nei Manuali più diffusi e in particolare il prevalere dei vari DSM, a livello mondiale, con criteri che facilitano l'uso di questa categoria per una quantità di situazioni diversissime in realtà fra loro. A quanto riporta il Professore, nei paesi che utilizzano il DSM si è verificato un aumento di diagnosi di 100, 200 volte rispetto ai valori degli anni '70, mentre nei paesi che usano altri criteri, essenzialmente l'ICD dell'OMS, l'aumento è stato molto più ridotto, circa dieci volte.
In più alla valutazione clinica ampia e approfondita su cui si basavano le diagnosi a suo tempo, si è sostituito progressivamente l'uso di test, come ADOS, ADI, CHAT, ecc, sempre più pervasivo, che dà valore a 'item' come puntare il dito, rispondere alle domande, avere strane abitudini, ecc, guardando 'pezzetti' del bambino e perdendone invece la personalità globale in via di sviluppo. Quest'uso ha praticamente mandato in soffitta la diagnosi differenziale fra le tante situazioni che, somiglianti nelle manifestazioni, potevano essere sostenute da condizioni diverse, sfuggite ai test e all'occhio non più clinico degli specialisti. Per cui condizioni molto diverse fra loro vengono messe nello stesso calderone non differenziando più cause, terapie, prognosi. Con l'effetto che oggi vediamo pediatri che fanno screening per l'autismo inviando agli specialisti una quantità di bambini con difficoltà diverse o addirittura senza difficoltà, ma solo varianti della norma. Per non parlare di insegnati, educatrici, ecc, indottrinate dai corsi di aggiornamento che spesso perseguitano i genitori di bambini con un comportamento diverso da quello atteso.
Anche l'approccio degli specialisti ai genitori è cambiato, e la comunicazione di una siffatta diagnosi viene data per lo più in termini freddi e procedurali, burocratici. Viene comunicato in più che la malattia è inguaribile e si gettano così le famiglie in gravissimi turbamenti, aggravando spesso i loro problemi senza sostenerle, specie nei primi tempi, per le liste d'attese piene di casi futili.
Il Professore sostiene quindi che siamo di fronte ad errori diagnostici dovuti a tutti quei fattori. Fino a pochi anni fa sarei stato completamente d'accordo con lui, ed era questa anche la mia posizione.
Progressivamente, però, la mia ottica nel guardare questi fenomeni è cambiata, direi perchè è cambiato il mio modo di considerare la situazione dell'autismo e della psicopatologia infantile, sia nelle sue manifestazioni attuali che nel processo storico che ha portato a questo punto.

Direi che il nocciolo della questione ora mi sembra l'ottica con cui si guarda a questi fenomeni. Da sempre ha dominato nella psichiatria infantile l'ottica di vedere nelle anomalie dello sviluppo il manifestarsi di malattie specifiche - preesistenti ai sintomi, per così dire, come l'epatite è preesistente al manifestarsi dell'ittero -, staccate nettamente dalle manifestazioni fisiologiche dello sviluppo, che come è noto non è lineare ma ha alti e bassi. Gli stessi fenomeni considerati sintomi specifici dei 'disturbi' si possono però vedere più o meno intensamente e transitoriamente in bambini che poi si sviluppano entro i limiti della norma o manifestano altre e diverse difficoltà di sviluppo. Si possono guardare queste manifestazioni nell'ottica dello sviluppo stesso e delle sue variabili, nel suo svolgimento e nelle sue vicissitudini che possono portare ad arresti regressioni, deviazioni, in conseguenza spesso di fattori osservabili, cioè eventi in qualche modo traumatici che provocano reazioni più o meno transitorie nei bambini. Cioè si tratta forse di passare da un'ottica di malattia, o disturbo, a un'ottica di sviluppo, con cui guardare le stesse manifestazioni, occupandosi quindi non di cercare elementi per fare diagnosi ma di cercare i fattori che individualmente possono aver determinato e continuare a determinare quelle manifestazioni.

Fin dai primordi la psichiatria infantile si è basata sulla definizione di malattie, che riprendevano il nome da quelle, considerate analoghe, degli adulti. La prima forse ad essere denominata fu la dementia praecocissima ( si usava il latino e il greco allora nel mondo medico, invece degli acronimi inglesi), o schizofrenia infantile. Prima ancora il ritardo mentale, più o meno associato ad altri sintomi, ed allora ci fu l'idiozia amaurotica, il cretinismo endemico, ecc. I clinici per la maggior parte non erano interessati ai bambini, ma alle malattie, un po' come adesso, e ci fu e c'è una corsa a individuare sempre nuove malattie, cui legare magari il proprio nome, a fama imperitura. Anche Kanner, quando si accorse che alcuni bambini avevano delle caratteristiche particolari, come le descrisse, pensò di aver scoperto una nuova malattia – anche se nel suo Trattato metteva l'autismo nel capitolo della schizofrenia - e altri contemporaneamente a lui in situazioni diverse parlarono di psicopatia schizoide, o autistica (come Asperger che ora è accusato di collaborazionismo con i nazisti e pone il problema che ci sarebbe a intitolare una sindrome col nome del dr Mengele, di Auschwitz).
Usando un termine - autismo - preso dalla psichiatria degli adulti ( coniato da Bleuler direttore del manicomio Burgholzi di Zurigo), che individuava uno specifico comportamento di isolamento in pazienti schizofrenici ricoverati in manicomio, e trasformandolo nel nome di una malattia ( come usa fare molto anche oggi, vedi dislessie, disprassie, ecc), separarono questi bambini dagli altri definendoli come affetti da malattie, trascurando di approfondire le condizioni in cui questi bambini si erano sviluppati.
Probabilmente è a questo punto che si colloca l'errore logico e concettuale che ha determinato il successivo sviluppo della questione autismo e della psichiatria dello sviluppo in genere, fino ad ora. Il termine di malattia è stato poi sostituito da quello di 'disturbo', ma il concetto è lo stesso. Rispetto alla 'normalità', la malattia, o disturbo, dovrebbero essere nettamente separati. Invece non è così.
Nel diabete, dovuto a mancanza di insulina, i limiti fra normalità e malattia sono chiari e ben definiti. Così come nella gran parte delle malattie mediche conosciute. Non è così nel campo dello sviluppo e del comportamento dove ci si è accorti fin dall'inizio che accanto a casi con sintomatologia completa ed evidente c'erano casi con sintomatologia ridotta ed evoluzione diversa. E quindi si parlò di 'tratti autistici', e altre denominazioni, per cercare di definire i casi che stavano sul confine, sul bordo delle definizioni ( e si chiamarono poi 'borderline'). Per tentare di ovviare a queste difficoltà fu quindi coniato il concetto e il termine di 'Spettro', sempre però considerandolo come una serie di 'malattie' collegate fra loro. Guardando tutti i bambini ci si trova di fronte in realtà, almeno nei primi anni, a un continuum di fenomeni, e non a chiari limiti fra fenomeni diversi. Non è chiaro perchè in alcuni i sintomi sono transitori e poi lo sviluppo prosegue, in altri no e lo sviluppo si arresta a diversi livelli, producendo handicap mentali di diverso grado.

Medici e ricercatori e psicologi si concentrarono sulle malattie e sui sintomi, trascurando in genere lo sviluppo infantile, di cui si occuparono invece altri psicologi famosi, Piaget, Vigotsky, Bruner, ecc, mantenendo però una distanza fra il campo dello sviluppo cosiddetto normale e quello delle cosiddette malattie.
Ho scoperto solo recentemente che in realtà più di cent'anni fa ci fu una persona che si occupò dello sviluppo infantile, cominciando da quello di bambini in un manicomio ritenuti inguaribili, e li portò, cambiando drasticamente metodo di considerarli e di trattarli, a superare l'esame di 5a elementare ( nella scuola di allora!), con enorme risonanza a livello mondiale. Fu come è noto la Montessori, la cui lettura mi ha molto colpito per la modernissima descrizione dello sviluppo e dei fattori che possono favorirlo o rallentarlo e alterarlo. La Montessori abbandonò il campo della psichiatria infantile per occuparsi solo della pedagogia, e forse anche di una missione salvifica un po' misticheggiante che purtroppo ostacola a tratti la lettura dei suoi testi. Comunque il suo lavoro mi sembra fu assolutamente trascurato dalla psichiatria e dalla psicologia, e lei stessa lasciò alla psicoanalisi, disse, di occuparsi dei bambini 'degenerati', come si usava dire un tempo, anche se aveva individuato e illustrato possibili fattori della loro 'degenerazione'. La sua descrizioni degli ostacoli che pongono gli adulti spesso allo sviluppo delle capacità spontanee dei bambini non ha seguito poi la storia successiva degli stessi bambini, individualmente, perdendo così forse una grande occasione di capire meglio i disturbi mentali.
Thomas Szas negli anni sessanta parlò di 'mito della malattia mentale', ma gli psichiatri lo videro solo come un attacco a loro stessi e alle loro prerogative e reagirono con un arroccamento bellicoso, creando i vari DSM e cercando di riavvicinare la psichiatria ai metodi e al linguaggio scientificamente corretto della medicina e cassando completamente l'ottica psicosociale, quasi accecandosi artificialmente.
Forse è venuto tempo di parlare dell'autismo e degli altri 'disturbi del neurosviluppo', completamente privi finora di alcun riscontro medico scientifico oggettivo, come appunto 'miti' sostenuti da interessi irrinunciabili e di cominciare a occuparsi dello sviluppo infantile nei suoi aspetti più diversi per cercare di capirne i fattori favorevoli e contrari, fuori dalle ideologie quasi religiose che oggi sostituiscono quasi ovunque il metodo scientifico.

Gianmaria Benedetti, settembre 2019

Commenti

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Ho letto con molto interesse la tua interessantissima lettera a Zappella. Sono perfettamente d'accordo su quanto scrivi. Come conferma sulla scarsa validità dei test utilizzati per fare diagnosi di autismo, posso riferirti di alcune nostre esperienze nelle quali, utilizzando lo stesso test sia noi operatori sia i genitori, le conclusioni alle quali il test arrivava erano molto diverse l'una dall'altra. In altri casi abbiamo confrontato i punteggi ottenuti intervistando il padre e quelli ottenuti intervistando la madre. Anche in questo caso vi era una notevole discordanza nelle risposte e quindi nel punteggio e nella valutazione complessiva. Per qunto riguarda la tua perplessità quando dici: "Non è chiaro perchè in alcuni i sintomi sono transitori e poi lo sviluppo prosegue, in altri no e lo sviluppo si arresta a diversi livelli, producendo handicap mentali di diverso grado". E quindi sul perchè in alcuni bambini la patologia migliora nel tempo mentre in altri peggiora, ho potuto appurare direttamente come dei bambini nei quali da piccoli vi erano dei chiari sintomi di autismo questi stessi bambini, senza alcuna terapia specifica, sono nettamente migliorati, tanto che nell'ultimo caso che ho visitato ho chiaramente detto ai genitori che il loro figlio non aveva alcun problema, per cui non era necessario che fosse seguito dal nostro centro. E' stata la madre di questo bambino che mi ha chiarito il mistero dicendo: "Quando mi sono accorta che mio figlio aveva quei problemi, ho iniziato a trattarlo in modo molto diverso da come facevo prima. Ho iniziato a trattarlo in modo più dolce e con più accondiscendenza e mi sono accorta che tutte quelle cose che aveva a mano a mano scomparivano". In pratica quando i genitori instaurano una relazione più adatta ai bisogni del bambino i disturbi diminuiscono fino a scomparire. Quando invece i genitori e familiari persitono nei loro comportamenti, senza tenere nella giusta considerazione i bisogni del figlio, l'autismo peggiora e si cronicizza.

Purtroppo le terapie di tipo comportamentale che costringono il bambino a fare o a non fare una determinata azione sono esattamente l'opposto di quello che egli vorrebbe. La conseguenza di ciò è che si ottengono solo dei parziali piccoli miglioramenti ma il problema relazionale e affettivo di base rimane o peggiora, poichè il bambino si conferma nella sua idea di isolamento rispetto al mondo poiché si accorge che sia
i suoi genitori, sia gli altri esseri umani che frequenta non comprendono affatto i suoi veri bisogni e le sue necessità più pressanti.

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