Psicosi e voci

CONSULTI PER BAMBINI ADOLESCENTI E FAMIGLIE

Salve, chiedo alcune info per mia sorella di 38 anni. Da circa 5 anni ha episodi di psicosi (si sente "fuori dalla realtà", non percezione del suo corpo e delle sue emozioni), che col tempo si è aggravata perchè lei non voleva prendere farmaci. Riferisce di sentire come delle "interferenze", una sorta di entità (lei le descrive così) che le parlerebbero in continuazione (molte di queste sono negative e la "vorrebbero trascinare all'inferno", riporto quello che mi dice lei). A volte urla proprio! A ottobre 2017 è stata ricoverata e poi il SSN le ha assegnato una cura farmacologica che tutt'ora è in via di stabilizzazione. Lei non lavora, non guida, teme anche il solo dover pagare una bolletta, non riesce ad avere una vita sociale perchè negli anni si è isolata e si vergogna delle sue reazioni (si sente totalmente dominata da queste voci che non la abbandonano mai!). Ha un rapporto matrimoniale fallimentare nel senso che il marito, pure lui in cura psichiatrica, è molto disfunzionale e le crea spesso un senso di colpa costante, anche con atteggiamenti di rimprovero o di mutismo o di abbandono. Infatti a volte mia sorella per lunghi periodi viene "parcheggiata" dal marito a casa dei nostri genitori, che essendo anziani, non riescono a gestirla.... E' seguita da uno psichiatra come dicevo del ssn..ma non vedo grossi miglioramenti, nel senso che lei non prova nessuna motivazione a fare nulla, neanche le azioni più semplici come lavarsi..si alimenta in modo disordinato e queste voci non la lasciano mai, tanto da farle dire "Non le sopporto più io mi ammazzo". Ovviamente può comprendere la nostra preoccupazione. Inoltre, mia sorella non percepisce queste voci come un suo disagio mentale, bensì come entità esterne (paranormali a sua detta) se non a volte "elfi"... Capisce che per lei integrarsi nel sociale è pressochè impossibile. Ho tentato di accompagnarla ad un primo incontro con un facilitatore di un gruppo di mutuo-auto aiuto per persone uditrici di voci, ma lei non è più voluta tornarci perchè, a sua detta, non fa per lei in quanto lei non riconosce che il suo disagio parte da dentro se stessa, ma lo percepisce solo come esterno. Quindi, è completamente bloccata e noi non sappiamo più cosa fare, come motivarla a cercare di frequentare alcune attività sociali, o artistiche... Le chiedo se Lei può darmi qualche consiglio pratico, anche su come tentare un approccio di convinzione a farla provare a uscire dall'isolamento per frequentare gruppi o a riprendere attività normali...per farle accettare l'idea che se vuole stare meglio, deve collaborare!
La ringrazio molto se potrà aiutarci.

Commenti

Dovrebbero essere i servizi psichiatrici pubblici - ma temo che capiti abbastanza di rado - ad occuparsi anche di questi aspetti, che dovrebbero far parte integrante della cura e della riabilitazione del paziente. Una parte importante dovrebbe averla anche la psicoterapia, cioè l'approccio psicologico che potrebbe aiutare la paziente a motivarsi e ritrovare una spinta vitale. E anche servizi sociali ed educatori dovrebbero far parte della cura, per accompagnare i pazienti alla ripresa della vita sociale. Se i servizi pubblici non forniscono questi interventi, forse, a livello privato, visto anche l'atteggiamento della vostra parente, la psicoterapia potrebbe essere uno strumento utile, da aggiungere alla terapia farmacologica, se del caso. Più che non sull'origine delle voci - non è mai utile discutere sulla realtà o meno delle dispercezioni - la psicoterapia può essere un aiuto a ritrovare un equilibrio personale e può avere un buon effetto.

La ringrazio molto della risposta. Sono perfettamente d'accordo...finora i servizi pubblici si sono limitati a prescrivere cure farmacologiche e a fare la visita di controllo quindicinalmente o settimanalmente. Ho provato a comunicare al suo psichiatra del SSN l'esigenza che ci sia questa rete di servizi e dell'esigenza della psicoterapia, ma non so sinceramente che risposta avrò.... Nell'eventualità che dovessimo procedere con una psicoterapia in forma privata, il dubbio che ho è "come convincere, motivare" mia sorella a frequentare uno psicoterapeuta visto che lei non attribuisce i suoi disturbi a un disagio psichico ma a forme "paranormali"(e quindi esclude l'utilità di una psicoterapia, al momento)? Grazie

Però la signora accetta di andare dallo psichiatra e i farmaci, quindi forse potrebbe essere convinta, magari anche dal suo psichiatra... La psicoterapia non ha come scopo di affrontare le voci ecc, o di cambiare le sue convinzioni (su cui appunto è bene non discutere razionalmente - d'altronde il 'soprannaturale' è ampiamente accettato anche nella società attuale e razionalmente e scientificamente non c'è molta differenza dal 'paranormale') ma di aiutarla a capire meglio e affrontare meglio la sua situazione, attraverso l'esperienza conoscitiva e emotiva di un rapporto psicoterapico. Suggerirei di tipo interpersonale, psicodinamico, con una persona esperta di situazioni simili. Se lo psichiatra curante ha la vostra fiducia e non fosse possibile fornire tale aiuto nel Servizio pubblico, potrebbe forse dare indicazioni su a chi rivolgersi.

Si effettivamente dallo psichiatra ci va, e anche volentieri e le medicine le sta prendendo. Ho preso nota delle indicazioni che mi ha dato. Sono ancora in attesa di risposta dallo psichiatra che l'ha in cura, a cui ho rivolto le domande circa la possibilità di affiancare una psicoterapia al lavoro psichiatrico. Per il momento la ringrazio molto.

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AVVISO IMPORTANTE: i consulti on/line hanno solo valore di consigli e non intendono sostituire in alcun modo la visita medica o psicologica diretta.