Autismo, la bufala del secolo?

CONSULTI PER BAMBINI ADOLESCENTI E FAMIGLIE

Il termine ‘autismo’ fu coniato all’inizio del novecento dal direttore del manicomio di Zurigo, il dr Eugen Bleuler per descrivere il comportamento/sintomo di molti pazienti schizofrenici del suo ospedale, che si chiudevano in se stessi e non davano attenzione al mondo intorno a loro. Essendo persone ricoverate in manicomio spesso da diversi anni e sapendo come erano i manicomi, forse il loro ‘sintomo’ non era poi così strano, ma la psichiatria per lo più non teneva (non tiene…) conto dell’ambiente.

Poi usò il termine ‘autistico’ applicandolo ai bambini il dr Leo Kanner, che coniò la formula ‘autismo infantile precoce’ per dare un etichetta diagnostica a un gruppo di bambini che vide nei primi anni ’40. Anche se molto diversi fra loro erano accomunati da un distacco e una chiusura marcata rispetto all’ambiente. Pochi anni prima, nel 1938, un altro medico austriaco, il dr Hans Asperger aveva usato il termine autistico per dei bambini che chiamò ‘psicopatici autistici’ - e forse ne consegnò qualcuno ai nazisti per la soluzione finale del problema dei malati mentali dopo l’annessione dell’Austria al terzo Reich (Herwig Czech). Prima ancora, nel 1926, una dottoressa russa, di nome Ewa Ssucharewa , aveva chiamato 'psicopatici schizoidi' un gruppo di bambini simili. Negli stessi anni la psicoanalista Melanie Klein descrisse quello che a posteriori fu ritenuto come il primo esempio di trattamento psicoanalitico di un bambino autistico, ad esito positivo. Lei parlò pero di 'schizofrenia', anche se con delle riserve.

Anche in tutti questi casi, in gran parte ricoverati in reparti psichiatrici per bambini, non si fa cenno delle condizioni ambientali, tranne che nel resoconto di M Klein. Negli anni seguenti una dottoressa tedesca, uscita dalla Germania per sfuggire al nazismo, di nome Lula Wolff, si occupò di bambini che descrisse come ‘schizoidi’ e riconobbe come simili ai casi di Ssuchareva e di Asperger.

‘Autistico’ e ‘schizoide’ furono quindi aggettivi equivalenti, per un periodo, fino a che il concetto di ‘spettro autistico’ inglobò tutti questi termini, unificando in una sola etichetta i bambini in questione e differenziandoli solo in una scala di gravità.

In tutte queste situazioni venne sempre sostenuto che le cause erano di natura costituzionale prima, genetica poi e che non si doveva dare la ‘colpa’ alle situazioni ambientali, alle famiglie, che invece erano state chiamate in causa all’inizio dal dr Kanner e, sulla sua scia, da psichiatri e psicoanalisti come Bruno Bettelheim, Margareth Mahler, Frances Tustin. Ovviamente non si trattava di 'colpe', ma di possibili cause ambientali legate alle esperienze delle varie famiglie, fattori riconosciuti nell'ambito della psichiatria bio-psico-sociale per la gran parte delle difficoltà psicologiche e psichiatriche.

In effetti dagli anni 70 in poi, a causa di questo mito o spettro della 'colpa dei genitori', divenne un tabù occuparsi delle condizioni ambientali in cui erano cresciuti i bambini considerati ‘autistici’ e venne dichiarata inattendibile e 'non scientifica' qualsiasi ipotesi di influenza ambientale sullo sviluppo psichico. Venne dichiarato che l’autismo e lo spettro autistico sono ‘disturbi neuroevolutivi’ dovuti a cause genetiche. E questa è la posizione ufficiale della 'scienza' oggi. Ma di ciò non c'è la benchè minima prova provata, si tratta solo della convinzione delle 'autorità' in materia: Ipse dixit, come il criterio base della scolastica medioevale, che non è certo il massimo del metodo scientifico. Solo recentemente, per il fallimento della genetica nell’individuare delle cause precise a livello di geni specifici, viene richiamata in causa una possibile componente ambientale che avrebbe un effetto scatenante sulla manifestazione della sindrome, e ci si accorge che mancano studi in proposito.

In realtà però si tratta di pure speculazioni: finora nulla di certo è stato trovato sulle cause e sull’etiopatogenesi dei disturbi cosiddetti autistici, tanto che da qualche parte si è cominciato a proporre di rinunciare alla diagnosi di ‘autismo’ e ‘spettro autistico’ facendo quasi tabula rasa delle costruzioni sviluppate finora, vere e proprie cattedrali senza fondamenta (Waterhouse, Gillberg).

Forse mettendo da parte la diagnosi di autismo ( e 'spettro autistico') si potrà liberarsi dei paraocchi che sembrano aver finora inficiato la ricerca sulle cause e le condizioni favorenti lo svilupparsi di difficoltà e distorsioni nell’evoluzione psichica. E a maggior ragione sui possibili rimedi. E’ chiaro che di ‘neurologico’, checchè se ne dica, non si è trovato finora nulla. Quando si è trovato, si tratta di specifiche e rare patologie come la sindrome di Rett, o quella di Landau Kleffner, o la sclerosi tuberosa, o la sindrome di Angelman e altre specifiche malattie genetiche e neurologiche responsabili di marcate difficoltà dello sviluppo e non più comprese sotto l’ombrello dell’autismo . Ma l’autismo resta un fantasma, uno spettro, effettivamente, cui converrebbe rinunciare per ripartire senza preconcetti nella ricerca e nell’assistenza a bambini e famiglie con problemi di sviluppo mentale.

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AVVISO IMPORTANTE: i consulti on/line hanno solo valore di consigli e non intendono sostituire in alcun modo la visita medica o psicologica diretta.